IL DEMANSIONAMENTO PUO’ ESSERE RISARCITO?

Mar 9, 2021 | Diritto del lavoro | 0 commenti

IL DEMANSIONAMENTO PUO’ ESSERE RISARCITO?

Quando in azienda un dipendente subisce un “demansionamento” da parte del datore di lavoro, il dipendente stesso può richiedere un risarcimento, portando le prove che questo ha causato dei danni psicofisici. Vediamo in dettaglio come chiedere il risarcimento e quando spetta, oltre che i criteri di calcolo dell’importo spettante.

Il demansionamento in azienda e le sue conseguenze

Il demansionamento non dà luogo automaticamente ad un risarcimento danni nei confronti del lavoratore, ma spetta a quest’ultimo provare sia l’entità della lesione subita dal demansionamento, sia il nesso causale. In giudizio è necessario quindi che sia dimostrato il danno “psicofisico” e la correlazione con la condotta tenuta dal datore di lavoro.

L’ammontare del risarcimento è calcolato dal giudice, il quale deve tenere conto di diversi fattori che comprendono la durata del periodo di demansionamento del lavoratore, le caratteristiche del lavoro svolto in precedenza e di quello assegnato con il demansionamento, l’entità dei danni psicofisici subiti e la condotta tenuta dal datore di lavoro.

Con delle sentenze della Corte di Cassazione è stato stabilito che il lavoratore demansionato può ottenere dal datore di lavoro sia un risarcimento per i danni materiali che per quelli morali.

Il demansionamento ed il calcolo dei danni

Una delle facoltà proprie del datore di lavoro, è quella di “demansionare” un dipendente della propria azienda, quando questa operazione è strettamente collegata alla necessità di tutelare l’attività produttiva aziendale.

Se questo demansionamento non avviene in maniera corretta, scatta per il dipendente la possibilità di agire in giudizio contro il datore di lavoro e fare richiesta per ottenere un risarcimento dei danni.

Questo risarcimento può comprendere due diversi fattori, i danni patrimoniali e quelli non patrimoniali. Nel primo caso si tratta dell’impoverimento, causato al dipendente, delle sue capacità lavorative e di conseguenza della possibilità di salire nella scala dei compensi grazie alle maggiori competenze.

Nel secondo caso vengono lesi dei “beni immateriali” del lavoratore, tra i quali ad esempio il diritto alla salute. Il danno subito deve essere “apprezzabile” ed inoltre deve essere provato che a causare questo danno è stato il demansionamento, deciso in maniera ingiusta dal datore di lavoro.

Spetta quindi al dipendente fornire delle prove specifiche della natura del danno e le cause che lo hanno scatenato.

Questo può avvenire tramite la presentazione di certificati medici, nei quali sia chiaramente dimostrato il danno psicofisico subito. Oltre a questo si può produrre la prova che le nuove mansioni determinano una riduzione concreta delle capacità professionali del dipendente.

IL DEMANSIONAMENTO PUO’ ESSERE RISARCITO?

In una sentenza emessa dalla Corte di Cassazione nel 2017 viene chiarito “Il danno non patrimoniale patito dal lavoratore in seguito a demansionamento va risarcito ogniqualvolta siano lesi alcuni diritti inviolabili costituzionalmente garantiti.

Il datore di lavoro risponde a titolo di responsabilità contrattuale, quando il dipendente ne offra una dimostrazione, anche tramite presunzioni semplici, sulle quali il giudice può fondare in via esclusiva il proprio convincimento”.

Per questo motivo, prima di disporre il risarcimento il giudice deve accertare che sia presente un danno valutabile in maniera concreta, non essendo sufficiente l’inadempimento contrattuale da parte del datore di lavoro.

I possibili effetti della richiesta di risarcimento dovuta al demansionamento

Nel caso in cui demansionamento del dipendente rappresenti un’ipotesi di violazione del contratto di lavoro, lo stesso può ottenere dal giudice due provvedimenti diversi e alternativi tra loro.

Il primo è il riconoscimento da parte del datore di lavoro della qualifica corretta ed il conseguente reintegro nella posizione di lavoro originaria.

Il secondo è la cessazione del vincolo lavorativo e la percezione da parte del lavoratore dell’assegno di disoccupazione.

Questa seconda ipotesi avviene quando il livello del demansionamento è tale che impedisce al dipendente la continuazione del rapporto di lavoro stabilito dal contratto nazionale.

IL DEMANSIONAMENTO PUO’ ESSERE RISARCITO?

Nel periodo di attesa del pronunciamento del giudice, il dipendente non può lasciare l’attività lavorativa per una sua decisione personale, in quanto questo aprirebbe la strada ad un “licenziamento per giusta causa“.

In alcune occasioni il demansionamento è ammesso: in particolare quando l’azienda muta il suo assetto organizzativo in modo sostanziale per cause esterne, oppure quando il contratto di categoria “in essere” prevede questa ipotesi.

In entrambi i casi, il datore di lavoro è tenuto a rendere nota la sua decisione al dipendente in forma scritta, e in mancanza di questo la decisione si intende nulla.

Per chi deve aprire una causa per demansionamento, si consiglia sempre di rivolgersi ad un avvocato specializzato in diritto del lavoro.

Richiedi consulenza ad un avvocato specializzato in diritto del lavoro

Ti potrebbe interessare anche:

Come trovare l’ avvocato migliore per il mio caso