Danno biologico e risarcimento danni
Assemblata la valutazione del danno fisico sulla distinzione tra extra-patrimoniale (morale) e patrimoniale (danno consequenziale e mancato guadagno), nel 1974 l’ordinamento giudiziario italiano ha intrapreso un cambiamento rilevante nei suoi approcci al danno biologico.
Mentre il metodo permanente di valutazione delle lesioni personali nella pratica può essere descritto come puramente intuitivo, senza la definizione preventiva di alcuni basi razionali e ragionevoli (metodo di regolamento equo),
gran parte della prassi giudiziaria italiana è stata caratterizzata dalla preoccupazione scientifica, nel rispetto della dottrina medico legale che ha dato origine al metodo di valutazione tradizionale, in contrapposizione a quello storico di equità.
Questo metodo consiste nel prendere come valore fondamentale della persona le proprie capacità produttive calcolate in base al grado di danno somatico causato dalle lesioni.
INDICE
Danno biologico e risarcimento danni
INDICE
- Danno biologico e risarcimento danni
- La concezione patrimoniale
- L’applicazione del nuovo criterio
- L’assemblaggio della nuova formula
- La legittimità costituzionale
Danno biologico e risarcimento danni
La concezione patrimoniale
Con un tale schema, la valutazione del danno fisico segue una concezione patrimoniale della persona; e se si soppesano aspetti non patrimoniali, il suo corrispettivo è giustificato nella nozione di risarcimento del danno indirettamente patrimoniale (danno morale improprio).
Allo stesso tempo, l’individuazione del compenso concreto viene effettuata aumentando le giustificazioni fondate sul concetto di capacità produttiva specifica (abilità lavorativa specifica), nell’attenzione alle attività che la vittima svolgeva prima dell’incidente.
Tuttavia, rispetto al metodo soggettivo di valutazione, quello biologico è un metodo oggettivo medico legale supportato da basi e concetti scientifici e razionali.
Ma nel 1952 ci fu un grande cambiamento in questo approccio dottrinale, grazie ai contributi di uno specialista in Medicina Legale, il Professor Cesare Gerin, secondo il quale l’asse del risarcimento dei danni alle persone era
costituito dalla persona considerata in sé e per sé, della quale ci si prende cura esclusivamente della sua menomazione psicofisica, tenendo in considerazione le lesioni solo dopo le sue eventuali conseguenze economiche.
Il suo contributo è stato ufficializzato nella comunicazione presentata al Convegno medico legale di Trieste, tenutosi sempre quell’anno.
Sono state così poste le basi di un nuovo metodo di valutazione, basato sul valore dell’uomo come essere personale e non come risorsa produttiva.
Da questo momento in poi nasce il concetto di danno biologico, coniato nel 1967 dal professor Aldo Franchini, specialista in Medicina Legale, attraverso la pre-comunicazione presentata al Convegno Medico legale di Como.
Il patrimonio della persona non dovrebbe essere legato esclusivamente alla sua capacità di guadagno economico, poiché il danno fisico, così come il danno biologico, deve essere risarcito in qualsiasi caso, indipendentemente dal suo possibile impatto improduttivo.
Danno biologico e risarcimento danni
L’applicazione del nuovo criterio
La prima applicazione giurisprudenziale del nuovo criterio è stata fatta dalla Corte di Genova, nelle sentenze del 25 maggio, del 30 maggio e del 20 settembre 1974. L’idea era che il danno fisico non riguardava esclusivamente l’attività produttiva dell’individuo, ma anche le diverse manifestazioni delle sue attività della vita quotidiana.
Si è quindi giunti alla conclusione che il riconoscimento risarcitorio del danno morale e la considerazione delle conseguenze economiche del presunto danno fisico siano una doppia incongruenza, da un lato perché le
conseguenze al di fuori dell’attività non erano più considerate produttive, poiché sintetizzate nella diminuzione delle possibilità del godimento della propria esistenza, dall’altro perché non aveva senso che si dovesse fare il
risarcimento del mancato guadagno in relazione alla portata del danno fisico subito come generica espressione dell’alterazione della capacità produttiva, senza capitalizzare specificamente i profitti che ha
smesso di ricevere. Si è pertanto ritenuto che il metodo tradizionale di risarcimento delle lesioni personali non corrispondeva alle esigenze della realtà.
Danno biologico e risarcimento danni
L’assemblaggio della nuova formula
La nuova formula è stata assemblata in base alla pienezza della salute dell’individuo considerata in sé e per sé (integrità psicofisica), insistendo sul fatto che la lesione consiste, in primo luogo, in una scomposizione
dell’integrità stessa; fermo restando la fondazione normativa della responsabilità civile dell’integrità psicofisica della persona, la cui violazione deve dar luogo al corrispondente risarcimento.
Contraddetto inizialmente questo nuovo criterio dalla Corte d’Appello (sentenza del 17 del luglio 1975) e dalla Cassazione (5 febbraio 1979), è stata condivisa dal Tribunale di Pisa (10 marzo 1979), pur introducendo alcune variazioni nei meccanismi di regolamento.
L’affermazione dell’esistenza di un diritto alla salute come diritto soggettivo in chiave privatistica, sancita dall’espresso precetto costituzionale, entrò in contrasto con l’interpretazione classica, svolta in chiave pubblicistica.
Il problema era che si era sempre inteso che l’art. 2059 della Corte Costituzionale limitava la risarcibilità dei danni non patrimoniali a quelli causati quando l’atto dannoso era costitutivo da delitto, senza rientrare nei puri presupposti aquiliani, come è previsto solo in quel caso.
La legittimità costituzionale
Con delibera del 22 marzo 1973, il Tribunale di Padova ha sollevato una questione di legittimità costituzionale, fermo restando che il citato precetto civile era incoerente e istituzionale, limitando la risarcibilità dei danni non patrimoniali a quelli di origine criminale.
Questo diritto, tuttavia, non nega la differenza sostanziale tra l’illecito criminale e e quello rigorosamente aquiliano, anche se ciò non aveva alcuna giustificazione razionale che ne fosse oggetto di un trattamento compensativo divergente.
Ma la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 87 del 26 luglio 1979, respinse la domanda argomentando che non si può affermare l’esistenza di un diritto ignoto legato al risarcimento del danno non patrimoniale e che il trattamento differenziato a cui aderisce il precetto impugnato è pura espressione della discrezionalità legislativa.
Si è quindi sostenuto che il danno morale causato da lesioni fisiche non gode della copertura prevista dall’art. 32 della Costituzione e che, quindi, è risarcibile solo secondo i limiti di cui all’art. 2059 della Corte Costituzionale.
Pertanto, è stata proclamata la discrezionalità del legislatore di stabilire se il danno morale deve essere risarcito e i casi specifici in cui bisogna intervenire.
Riferendosi proprio a tale sentenza e quindi alla possibile incostituzionalità dell’art. 2059, il Tribunale ha altresì dichiarato infondata l’incostituzionalità attribuita in altra materia all’art. 2043.
Avendo sollevato questa seconda questione, fermo restando che tale precetto esclude dal risarcimento come danno cagionato alla salute per mancanza di natura patrimoniale, il Tribunale Costituzionale, attraverso la sentenza n. 88, sempre del 26 luglio 1979, respinse la richiesta.
Il suo approccio consisteva nel sottolineare che il danno arrecato all’integrità fisica della parte lesa non ha costituito un danno patrimoniale, in quanto privo di rilevanza economica, né morale, ma che si riferisce esclusivamente al danno afflittivo prodotto per l’infortunio.
Richiedi consulenza Legale
Per ulteriori informazioni e per fissare un primo colloquio telefonico o incontro conoscitivo senza impegno, potete:
CHIAMACI SUBITO AL NUMERO VERDE
800 974 274
INVIACI UNA MAIL A:
COMPILARE IL FORM
per essere ricontattati
Ti potrebbe interessare anche:


