Rappresentatività sindacale nel pubblico impiego

Mag 6, 2021 | Diritto del lavoro | 0 commenti

Rappresentatività sindacale nel pubblico impiego

INDICE

Rappresentatività sindacale nel pubblico impiego

Significato generale di rappresentatività

Esiste un legame, già implicitamente riconosciuto in giurisprudenza (v., per tutte, Cass.5 giugno 2018, n. 14402), tra rappresentatività legale del sindacato e sua legittimazione processuale all’azione ex art. 28 St. Lav., che

offre l’occasione per alcune (ri)considerazioni sull’antica (quanto parzialmente irrisolta) questione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali e del loro rapporto con la rappresentanza.

Nei sistemi democratici moderni la partecipazione della collettività, genericamente intesa, alla gestione del potere, viene esercitata attraverso la forma di democrazia c.d. rappresentativa  operante attraverso il meccanismo della rappresentanza.

Ciò vuol dire che le decisioni sono assunte non da tutti, ma semplicemente, a parte i casi di democrazia diretta, da quelle persone che sono designate – di regola attraverso una procedura elettorale – a questo compito, come in sostanza avviene nell’esperienza sindacale.

L’organizzazione dei lavoratori rappresenta gli interessi collettivi della categoria, tuttavia questo non significa che essi coincidano esattamente con l’insieme degli interessi dei singoli .

La rappresentanza degli interessi è il risultato di un complesso, e quanto mai necessario, mutamento  da una iniziale rappresentanza di volontà sino al ricorso del concetto di rappresentatività , al fine di meglio esprimere gli interessi del gruppo.

Rappresentatività sindacale nel pubblico impiego

Origine nel settore del pubblico impiego.

Nel settore del lavoro pubblico, invero, il concetto di sindacato maggiormente rappresentativo è comparso per la prima volta nella legge 29 marzo 1983 n. 93 (c.d. legge quadro sul pubblico impiego).

In particolare, l’art. 25, dettato dal legislatore sulla falsariga della legge 20 maggio 1970, n. 300, selezionava gli organismi rappresentativi dei dipendenti pubblici.

Di tale “concetto” di rappresentatività nel pubblico impiego è d’utilità verificare quali siano i rapporti con la rappresentanza:

in altri termini, se il potere rappresentativo abbia o meno fondamento nella logica della rappresentanza. L’elemento del consenso rappresenta un evidente punto di condivisione tra la rappresentatività e la rappresentanza.

In quest’ultima, infatti, il rappresentante abbisogna di un atto di consenso da parte del rappresentato, cioè deve essere investito di un mandato.

Parte della dottrina sostiene che il mandato si collochi in una parte esclusiva del rapporto tra rappresentante – rappresentato: nella parte ascendente, e vale a dire, in quella che attiene ai diritti ed ai poteri dei rappresentati verso i rappresentanti.

Appare di tutta evidenza, senza che ci sia bisogno di soffermarsi sul punto, che la rappresentatività è ontologicamente diversa dalla rappresentanza volontaria:

nella seconda si trovano elementi (contemplatio domini e agire nell’interesse altrui) che non sono presenti nella prima.

Il sindacato agisce, infatti, in nome proprio e per l’interesse collettivo, il quale difficilmente coincide esattamente con quello dei suoi membri, anzi è senz’altro un interesse diverso, che addirittura può,

in determinate occasioni, dirigersi in direzione contraria ai singoli interessi di appartenenti al gruppo.

L’elemento rappresentativo del sindacato ed il suo potere di gestire situazioni in capo ai rappresentati fanno sì che, in ogni caso, la rappresentatività venga da taluni ricondotta, con le differenze a cui si è fatto poc’anzi cenno, all’istituto giuridico della rappresentanza, pur intesa in senso lato .

Rappresentatività sindacale nel pubblico impiego

Natura della rappresentatività. 

L’effettiva “natura” dell’istituto, viste le lacune dell’ordinamento, va ricercata nelle ricostruzioni dottrinali e giurisprudenziali.

Per taluni , la rappresentatività è la capacità del sindacato di esprimere l’interesse del gruppo cui esso si riferisce.

Per altri , si tratta pur sempre di rappresentanza degli interessi ma, a differenza della rappresentanza con la quale si costituisce un rapporto tra gruppo organizzato e singolo, la rappresentatività esprimerebbe un

rapporto tra struttura organizzativa e tutto il gruppo di riferimento, comprendente sia gli iscritti che i non iscritti.

Da sottolineare che, in tale prospettiva, l’interesse di cui è portatore il sindacato è sempre un interesse autonomo e distinto da quello della collettività, definito quale “interesse finale” .

Per altri ancora , la rappresentatività appartiene al mondo della sociologia politica ed è un segno riassuntivo di elementi di fatto e giudizi di valore.

Tutte queste ricostruzioni mettono in risalto la natura del rapporto tra rappresentanti e rappresentati, collegandolo per lo più al modulo della rappresentanza, ora in senso civilistico, ora in chiave sociologica.

Ma non sempre emerge il dato essenziale: essendo la legge ad attribuire la qualifica della rappresentatività ad una organizzazione sindacale per una specifica finalità selettiva dei sindacati nell’esercizio di determinate funzioni pubbliche. 

Ed è proprio (e solo) con essa che emerge sul piano giuridico il rapporto tra rappresentate e rappresentati, a prescindere da qualsiasi altro elemento, compreso il consenso.

Rappresentatività sindacale nel pubblico impiego

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