La convivenza prematrimoniale rileva ai fini della quantificazione dell’assegno divorzile?

Nov 8, 2022 | Diritto di Famiglia | 0 commenti

La “convivenza prematrimoniale” è divenuta oggi consuetudine nelle coppie, le quali nella quasi totalità dei casi, arrivano al matrimonio dopo avere sperimentato la convivenza in comune spesso anche per periodi molto lunghi.

La valenza dal punto di vista legale di questi periodi di “convivenza prematrimoniale”, ovvero se e in quale misura di essi si debba tenere conto nella determinazione dell’”assegno divorzile” è divenuta questione che dovrà essere risolta dalla Sezioni Unite della Corte di Cassazione, alla quale la questione è stata rimessa ed alla cui decisione le Sezioni semplici della stessa, ed in primis, i

Tribunali di merito, si dovranno attenere per il futuro.

Ed infatti, se non è in discussione che la durata del matrimonio sia uno dei parametri dei quali si deve tenere conto nella quantificazione dell’eventuale “assegno divorzile” in favore del coniuge economicamente più debole, non è altrettanto pacifico se possa rilevare anche la “convivenza prematrimoniale”.

In linea generale, tanto il matrimonio è stato di durata maggiore, tanto maggiore sarà l’”assegno divorzile“, soprattutto quando si tratta di compensare le rinunce fatte dall’ex per essersi dedicato alla famiglia, mettendo da parte la propria realizzazione personale ed economica a vantaggio del coniuge, il quale libero/a da impegni familiari si è potuto/a dedicare alla sua attività o carriera.

In senso contrario, a un matrimonio di breve durata corrisponderà un “assegno divorzile” di entità minore o nulla. Infatti, secondo la giurisprudenza, se il matrimonio è stato molto breve da non permettere lo svolgimento, durante gli anni, di un “rilevante ruolo endo-familiare” da parte del coniuge che ha richiesto l’ assegno, non sussiste un concreto ed economicamente valutabile apporto fornito dal coniuge alla vita di coppia e alla formazione della famiglia tale da legittimare il riconoscimento di ‘”assegno divorzile” in funzione compensativa/perquativa.

Vi può essere, tuttavia, il caso di una coppia che dopo anni di “convivenza prematrimoniale”, con rilevante apporto alla vita more uxorio fornito da uno dei coniugi a favore dell’altro, si sposi e, dopo qualche mese si separi.

Che rilevanza potrà avere in questo caso la lunga “convivenza prematrimoniale” more uxorio ?
Il dato letterale della legge 898/1970 farebbe pensare che la rilevanza debba essere nulla, facendosi riferimento nella legge solo alla durata del matrimonio.

Del resto, negli anni 70 la “convivenza prematrimoniale” non costituiva certo un fenomeno di costume radicato nella società come oggi.
Tuttavia il diritto deve adeguarsi al mutare della società ed evolversi insieme ad essa per potere rispondere in maniera conforme alle mutevoli circostanze ed alle nuove esigenze.

E così, il riconoscimento di una progressiva sostanziale pari dignità sociale (sotto alcuni punti di vista) dei legami affettivi di fatto con quelli matrimoniali rende meno coerente il mantenimento di una distinzione fra la durata legale del matrimonio e quella della convivenza.

Vedremo cosa ne penseranno le Sezioni Unite.

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