Responsabilità civile e risarcimento danni – Definizione
La responsabilità civile, meglio conosciuta come responsabilità extracontrattuale, è una delle forme di responsabilità identificate nel diritto, precisamente quella più ampia.
Si contrappone alla responsabilità contrattuale che nasce invece per tutelare gli interessi di due soggetti legati da un vincolo contrattuale.
La responsabilità civile grava in capo a colui che è tenuto a risarcire il danno causato dalla lesione di un interesse di un altro soggetto.
Sorge responsabilità extracontrattuale proprio quando tra i due soggetti in causa non c’è alcun vincolo precedente alla lesione del diritto.
INDICE
Responsabilità civile e risarcimento danni
INDICE
1.Cosa vuol dire responsabilità civile?
2.Il criterio di imputazione
3.Qual è la funzione della responsabilità civile?
4.La responsabilità civile e la colpa
5.La definizione dell’illecito
6.La reazione al danno ingiusto
7.Il risarcimento danni
8.Risarcimento del danno patrimoniale
9.Risarcimento del danno emergente
10.Il lucro cessante
11.Il danno non patrimoniale
Responsabilità civile e risarcimento danni
1. Cosa vuol dire responsabilità civile?
Il concetto di responsabilità civile, così come si può intuire dal nome, gira attorno alla responsabilità di colui che è tenuto a rispettare le norme previste dall’ordinamento.
Nel caso in cui tali norme non vengano rispettate, il responsabile è tenuto a riparare ai danni commessi attraverso l’istituto del risarcimento.
Nel diritto esiste una distinzione tra responsabilità civile e penale, entrambe, sorgono nel momento in cui viene violata una norma, civile nel primo caso, penale nel secondo.
Per quanto riguarda le conseguenze del comportamento tenuto, lo Stato infligge al responsabile una norma adeguata e proporzionale al comportamento tenuto e al danno causato.
Nel caso della responsabilità civile generalmente si ha il risarcimento del danno, per la responsabilità penale invece si applica la pena adeguata al caso concreto.
Responsabilità civile e risarcimento danni
2. Il criterio di imputazione
Affinché un soggetto venga considerato responsabile, bisogna individuare il criterio di imputazione in base al quale un determinato fatto può essere attribuito al suo autore. Ipoteticamente, lo Stato potrebbe punire solamente coloro che hanno un determinato reddito.
Tendenzialmente la legge imputa il fatto a colui che lo ha commesso con dolo o colpa, sono questi infatti i criteri di imputazione utilizzati per far in modo che chi viola una norma sia tenuto a rispondere delle conseguenze delle proprie azioni.
La legge potrebbe anche stabilire che a risarcire il danno sia colui che tenga un comportamento rischioso per gli altri consociati.
La dottrina ha dibattuto per anni per stabilire quale sia il criterio d’imputazione proprio del nostro ordinamento giudiziario, alcuni considerano come tale la colpa, altri invece la concretizzazione del rischio.
La soluzione di questo dibattito è importante per quanto riguarda la definizione dell’ordinamento giuridico poiché ad esempio in Nuova Zelanda il sistema impone all’intera collettività il risarcimento del danno causato dall’illecito altrui attuando quella che viene definita giustizia sociale.
In Italia si potrebbe affermare che la legge stabilisce un criterio di imputazione diverso in base alle norme applicabili al caso concreto.
Responsabilità civile e risarcimento danni
3. Qual è la funzione della responsabilità civile?
L’esigenza di individuare la responsabilità civile di chi compie un fatto illecito risponde, in base ai diversi autori, a differenti funzioni.
Alcuni ritengono prevalente la funzione risarcitoria, nello specifico il soggetto è costretto a riparare il danno commesso al fine di consentire a chi appartiene all’ordinamento di svolgere la propria attività.
Per altri autori invece la responsabilità ha una funzione sanzionatoria e preventiva, chi è obbligato a tenere un determinato comportamento, difficilmente violerà delle norme che è tenuto a rispettare, se è a conoscenza del
fatto che sarà costretto a risarcire i danni conseguenti alla sua condotta. La persona obbligata quindi tenderà a evitare di tenere quei comportamenti che per legge dovrebbe evitare.
Responsabilità civile e risarcimento danni
4. La responsabilità civile e la colpa
A norma dell’art. 2043, che può essere considerato il riferimento generale che disciplina la responsabilità, questa sorge in capo al soggetto che viola una norma giuridica con dolo o colpa.
Il criterio di imputazione sembrerebbe essere quello della colpa anche se, in diverse altre norme, appare nascere in riferimento a determinati agenti, una responsabilità oggettiva.
Gli articoli seguenti inoltre tendono a escludere la responsabilità del soggetto nel caso in cui possa provare che il danno sia stato causato da forza maggiore o caso fortuito o addirittura dal fatto che nonostante il suo intervento operoso, non sia stato possibile evitare l’evento.
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5. La definizione dell’illecito
Anche per quanto riguarda la definizione di fatto illecito sorgono delle diatribe in dottrina e giurisprudenza a seconda che si abbracci la teoria dell’imputazione in riferimento alla colpa o in base ad altri criteri.
Nel primo caso, il fatto illecito è la conseguenza di un comportamento che viola una norma.
A tal riguardo, l’art. 2043 del codice civile è una norma secondaria che scatta nel momento in cui il responsabile viola una norma primaria che riconosce un diritto in capo ai consociati.
Tale tesi non viene accolta dalla giurisprudenza poiché è mortificante per la norma, cardine della nozione di responsabilità.
Pertanto, in base al principio di diritto superiore del neminem ledere, il 2043 del codice civile è quella norma primaria che punisce il consociato che tiene un qualunque comportamento non espressamente permesso dall’ordinamento.
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6. La reazione al danno ingiusto
Secondo la teoria che segue l’imputazione in base al criterio della colpa, far sorgere sul consociato una responsabilità ogni qual volta tiene un comportamento non consentito, è troppo costrittivo. Implica infatti una limitazione repressiva eccessivamente ampia per il consociato che vede limitata la propria libertà.
Imputare il danno a chi lo ha provocato in ogni caso non è la soluzione migliore poiché alcuni danni non possono essere risarciti nè sono causati dal soggetto.
Si pensi a chi vince un concorso, causa un danno nei confronti di chi arriva al secondo posto perché perde l’opportunità di guadagnare un’occupazione.
Pertanto, la fattispecie che dovrebbe essere sanzionata è l’ingiustizia del danno provocato dal soggetto agente e non la semplice causazione dello stesso.
La responsabilità civile in questo senso rappresenta la risposta del nostro ordinamento ad un danno ingiusto sofferto da un consociato a causa dell’azione o omissione di un altro.
7. Il risarcimento danni
Il danneggiato ha il diritto di richiedere il risarcimento del danno patito a colui che l’ha provocato.
L’azione è disciplinata dall’art. 2058 del codice civile, che tratta appunto del risarcimento per equivalente.
Sono altre le norme del nostro ordinamento che disciplinano nello specifico il risarcimento del danno biologico, del danno morale o altre forme specifiche.
Il risarcimento non deve essere confuso con l’indennizzo, il primo è diretto a ripristinare la situazione antecedente al fatto illecito commesso dal consociato.
Al contrario l’indennizzo è una condotta riparatoria poiché è stata posta in essere un’azione contraria alla normativa vigente.
Nel nostro ordinamento sono rubricate diverse fattispecie di risarcimento, classificate in base alla tipologia di danno.
8. Risarcimento del danno patrimoniale
L’evoluzione giurisprudenziale ha individuato la commisurazione del danno patrimoniale quantificato con riferimento alla somma data da due fattori: danno emergente e lucro cessante.
Il primo è volto a ristorare la perdita economica ovvero patrimoniale patita dal soggetto a seguito della condotta antigiuridica.
Il lucro cessante invece ristora il soggetto in base al mancato guadagno causato dall’agente che provoca l’illecito.
9. Risarcimento del danno emergente
Individuare il danno emergente è semplice poiché ricomprende diverse voci di credito che è possibile ricostruire in relazione alla perdita economica dell’attore.
Nello specifico a seguito di un’inesatta prestazione, il danno emergente sarà individuato dal pregiudizio economico causato, dalle spese che il creditore è stato costretto a sostenere per ripristinare la situazione antecedente.
Inoltre, ricomprende anche i danni eventuali, ovvero quelli che ha potuto subire la persona o le cose ma anche l’impossibilità di fruire dell’oggetto della prestazione.
10. Il lucro cessante
La determinazione del lucro cessante è più difficile, poiché non ricomprende somme detenute dal creditore. Nello specifico, il debitore dovrà risarcire il mancato guadagno causato dalla sua inesatta o ritardata prestazione.
Il danneggiato in base alla giurisprudenza dovrà dare prova precisa del lucro cessante e quindi del mancato guadagno.
Questa ad esempio può consistere nella perdita della sottoscrizione di un contratto a causa della mancanza di mezzi che avrebbero dovuto essere consegnati dal debitore.
Affinché il giudice riconosca l’esistenza e la quantificazione del lucro cessante serve la prova rigorosa del danno.
11. Il danno non patrimoniale
Per quanto riguarda il risarcimento del danno non patrimoniale, la norma di riferimento è l’art. 2059. Nello specifico, questo comprende non solo il danno morale ma anche le lesioni inerenti la libertà della persona umana.
Si possono identificare per costruzione giurisprudenziale il danno biologico, quello esistenziale, tanatologico ed altri ancora.
Le voci vengono risarcite congiuntamente per evitare duplicazioni dei risarcimenti, non sono quindi costruzioni autonome ma fanno tutte parte del danno non patrimoniale.
Nello specifico, il danno biologico tende al risarcimento delle lesioni psicofisiche del soggetto vittima del comportamento altrui.
La liquidazione di questa tipologia di danno viene quantificata in base a quelle che vengono identificate come Tabelle milanesi.
C’è poi il danno esistenziale, differente da quello morale poiché è concreto e tangibile. Si tratta quindi di una lesione ricollegabile ai diritti del cittadino.
Questo, essendo riconducibile alla vita relazionale dell’individuo, generalmente viene risarcito in forma equitativa.
Sarà onere del giudice valutarlo in base al caso concreto.
Il danno morale costituisce un’altra voce del danno non patrimoniale, che è dato dalle sofferenze interne del soggetto, anch’esso risarcibile in via equitativa.
Per tutte le tipologie di danno alla salute psico-fisica della persona come il danno biologico, il danno morale e danno esistenziale è sempre opportuno effettuare una perizia medico legale.
Per quanto riguarda il danno tanatologico è ancora di incerta qualificazione, viene determinato a seguito di specifica perizia per valutare quelle che sono state le sofferenze della vita prima di morire.
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